Il turismo rappresenta storicamente un settore essenziale dell’economia tunisina, su cui vive circa il 15% della popolazione. Essenzialmente concentrato sulle coste, ha conosciuto un importate sviluppo negli anni Ottanta, con la costruzione di grandi complessi alberghieri sul litorale e lo sviluppo del turismo di massa, low-cost, senza preoccuparsi delle conseguenze sull’ambiente.
L’instabilità politica seguita alla rivoluzione del 2011, così come gli attentati che hanno colpito la Tunisia nel 2015, hanno fatto crollare drasticamente la frequentazione turistica nel Paese.
La priorità delle autorità tunisine oggi è quindi di rilanciare questo settore. Parallelamente è emersa, negli ultimi anni, una presa di coscienza delle sfide ambientali. Così nel 2014, sull’isola di Gerba, mecca del turismo di massa in Tunisia, gli abitanti hanno denunciato nel corso di grandi movimenti di protesta la mala gestione dei rifiuti, indicando tra le varie problematiche la moltiplicazione delle discariche selvagge dovuta alla mancata presa in considerazione del raddoppiamento del numero di occupanti dell’isola durante la stagione turistica. Restano rari i grandi complessi alberghieri che hanno messo a punto dei sistemi di raccolta differenziata dei rifiuti. Ma il debole impatto di queste iniziative — dato che la gestione finale resta nel campo d’azione delle autorità tunisine — e la mancanza di sensibilizzazione non hanno spinto gli attori del turismo a investire eccessivamente. Un progetto di cooperazione con il dipartimento di Hérault, in Francia, con l’obiettivo di valorizzare i rifiuti alberghieri di Gerba era stato effettivamente lanciato, ma è stato poi abbandonato.
Da parte delle autorità le azioni messe in atto riguardano essenzialmente la raccolta dei rifiuti solidi sulle spiagge. Così quest’anno un programma prevede la pulizia due volte alla settimana di circa 120 spiagge. «La cadenza è quadruplicata rispetto agli anni precedenti», assicura Abdelmajid Bettaïeb, amministratore delegato dell’Apal, Agenzia di protezione e pianificazione del litorale, aggiungendo che il numero di verbali per le infrazioni relative alla costruzione sulle coste sono ugualmente aumentate quest’anno. Anche delle campagne di pulizia delle spiagge che coinvolgono cittadini e associazioni sono organizzate regolarmente.
Una polizia ambientale è stata inoltre lanciata in pompa magna il 13 giugno scorso. Una parte di questi agenti sono destinati alla sorveglianza delle spiagge, e la loro missione è in particolare di fare il verbale a coloro che gettano rifiuti sulla pubblica via.
Ma è soprattutto dalla società civile che vengono le soluzioni più innovative contro l’inquinamento costiero causato dal turismo. Per Chokri Mansour, guida turistica di 33 anni, turismo ed ecologia non sono incompatibili. Così ha lanciato il progetto ECOMEL a Tabarka (Nord-Ovest), e creato in questo luogo, apprezzato dai sub, un sentiero sottomarino che unisce scoperta della biodiversità marina e messaggi di sensibilizzazione alla protezione dell’ambiente inscritti su pannelli immersi nell’acqua. «Ci sono diverse belle iniziative dello stesso tipo, – spiega -. Ma c’è un problema di strutturazione e di organizzazione di queste iniziative. Purtroppo sono un po’ marginalizzate».
Come lui, sono numerosi i promotori dell’ecoturismo che sperano che la crisi del settore turistico sia l’occasione per la Tunisia di sviluppare e promuovere un turismo sostenibile e di qualità.